Pubblicata in G.U. la manovra di bilancio 2025
Pensioni: proroga opzioni 2024, trattenimenti in servizio, “bonus Maroni” esteso, ripristino rivalutazione piena e conferma regole TFS
Sul S.O. n. 43/L della G.U. n. 305 del 31 dicembre 2024, è stata pubblicata la Legge 30.12.2024, n. 207 che reca il bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2025 e quello per il triennio dal 2025 al 2027. E’ composta complessivamente da 21 articoli, il primo dei quali consta di 908 commi recanti le diverse norme e misure; dal n. 2 al n. 20, gli stati di previsione dei Ministeri; infine, il n. 21 che ne dispone l’entrata in vigore dal 1 gennaio 2025.
La legge di bilancio è stata costruita sulla base del quadro di finanza pubblica fissato dal PSB (Piano strutturale di Bilancio) ed è in linea con il nuovo patto di stabilità europeo. L’entità della manovra complessiva risulta pari a circa 30 mld €, parte dei quali arriverà da maggiori entrate, parte (3,4 mld) da un “prestito” di Banche e Assicurazioni e, per altri 3 mld, da una ennesima spending review che prevede tagli nei bilanci delle PP.AA..
Tra le misure più importanti va segnalata in primo luogo la stabilizzazione della riforma dell’IRPEF (commi 2-9): taglio finalmente strutturale del cuneo contributivo per i lavoratori dipendenti, varato dal Governo Draghi e poi prorogato nel 2023 e 2024, che ora diventa taglio fiscale e viene esteso fino a 40mila €; la riduzione delle aliquote IRPEF da quattro a tre. Entrambe le misure non porteranno però neanche un euro in più nelle buste paga 2025 dei lavoratori, in quanto già operati in deroga nel 2023/24. I due provvedimenti, assolutamente positivi a nostro giudizio, cubano insieme circa 17 mld di € sui circa 30 totali della manovra.
Di grande rilievo, ovviamente, anche lo stanziamento di risorse per i rinnovi dei CCNL 2025-2027 del P.I. (comma 128: 1,755 mld € per il 2025; 3,550 € per il 2026 e 5,550 € per il 2027), che creano le condizioni per un rapido avvio della trattativa in sede ARAN per il rinnovo 2025-2027 una volta sottoscritto quello 2022-2024. Previsti inoltre (comma 131) stanziamenti per il successivo triennio 2028-2030 (1,954 mld € per il 2028; 4,027 mld € per il 2029; 6,112 mld € per il 2030). Il comma 121 introduce inoltre la possibilità di incrementare nel 2025 le risorse destinate ai trattamenti accessori del personale pubblico, inclusi i dirigenti, per max 112,1 milioni €.
Sempre in materia di rinnovo CCNL 2022-2024, la legge dispone uno stanziamento ulteriore dello 0,22% sul monte salari, che porterà l’incremento contrattuale del triennio 2022-24 dal 5,78 al 6%. Giudichiamo invece negativamente la scelta di riduzione del turnover 2025 delle PP.AA. al 75% (comma 823) e il taglio di n. 5.660 posti di docente e n. 2.174 posti di personale ATA nel settore scuola (comma 828). Nota molto dolente, inoltre, i ridotti incrementi 2025 in materia di fondo sanitario nazionale (comma 273: 136,5 mld € in tutto) che aggraverà le attuali criticità del SSN, impedendo peraltro l’assunzione già ipotizzata di 30mila lavoratori.
In materia di lavoro, confermata la detassazione dei premi di produttività (5%) fino a 3mila € (ma solo per i lavoratori privati, CSE chiede inascoltata da tempo l’estensione anche ai pubblici) e l’inserimento tra i fringe benefits, per i neo assunti con redditi fino a 35mila € lordi, delle somme utilizzate per affitto e utenze, a condizione che abbiano però trasferito la residenza oltre un raggio di 100 km tra il precedente luogo di residenza e la nuova sede di lavoro; infine, in materia di sociale, bonus bebè di 1.000 € per ogni figlio nato o adottato nel 2025 per famiglie con ISEE non superiore a 40mila € annui (comma 206) e ampliamento a tre mesi complessivi del congedo parentale indennizzato all’80%, entro i 6 anni del figlio/a (commi 217-218).
Tra le norme recate dalla legge di bilancio, ci sono quelle sulle pensioni 2025 che trovano spazio nei commi dal n. 169 al n. 186, che peraltro non sono state modificate nel passaggio parlamentare. In particolare:
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La proroga 2025 delle misure in scadenza al 31.12.2024 per quanto riguarda “Opzione donna” (comma 173), “Quota 103” (comma 174) e “APE sociale” (commi 175-176), con conferma dei requisiti più penalizzanti introdotti nel 2024 (nostro Notiziario n. 1 del 5.01.2024), che li hanno resi meno convenienti. Con in più, per il 2025, la previsione dei seguenti meccanismi di incentivazione a rimanere al lavoro:
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innanzitutto (comma 161), la conferma del c.d. “bonus Maroni” (possibilità di scelta per chi ha maturato “quota 103” di restare al lavoro optando per la destinazione in busta paga della quota di contribuzione a suo carico – 9,19% -, pur se con successiva pensione a regime ridotta), che nel 2025 verrà anche defiscalizzata ed estesa a chi ha raggiunto i requisiti per la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi di contributi, 41 e 10 mesi per le donne);
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in secondo luogo (commi 162-163), la fine dell’obbligo di pensionamento per i dipendenti pubblici che hanno raggiunto i 67 anni d’età o i requisiti per la pensione anticipata ordinaria a 65 anni d’età (c.d. limite ordinamentale di servizio), che consentirà così ai lavoratori, su base volontaria, la permanenza al lavoro fino a 70 anni e alle PP.AA. di trattenere dipendenti per svolgere tutoraggio e l’affiancamento dei neoassunti o per altre esigenze. Le AA.PP. dovranno comunque rispettare il limite del 10% delle richieste rispetto alle nuove assunzioni programmate (comma 165). Una misura, questa del trattenimento in servizio, che riteniamo accettabile perché basata sulla scelta volontaria del lavoratore, che però non dovrà diventare un alibi per limitare le nuove assunzioni, già gravate dalla riduzione 2025 del turnover.
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Previdenza complementare: il comma 181 prevede dal 1.1.2025 la possibilità, per i lavoratori con accredito contributivo successivo al 1.1.1996, di computare, dietro loro richiesta, anche quote versate ai fondi complementari per arrivare all’importo utile ad accedere alla pensione anticipata contributiva a 64 anni.
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Giovani: conferma anche per il 2025 della penalizzazione introdotta con legge di bilancio 2024 (aumento da 2,8 a 3 volte l’assegno sociale per poter uscire dal lavoro a 64 anni, dunque serve una pensione di 1600 € lordi mensili), ma il comma 183 dispone che il requisito contributivo per l’accesso alla prestazione debba essere dal 2025 di 25 anni (30 anni dal 2030) in luogo dei 20 anni di contribuzione effettiva.
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Pensioni minime: l’aumento sarà di pochissimi spiccioli, passando dagli attuali € 614,77 a € 616,67, e dunque con una rivalutazione 2025 pari solo al 2,2% (nel 2024, era stata pari al 2,7%), che, dopo il tanto strombazzare di aumenti decisamente superiori, determina un incremento effettivo davvero imbarazzante.
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Rivalutazione 2025: nel ricordare che il decreto interministeriale 15.11.2024 ha disposto che gli assegni pensionistici godano di una rivalutazione provvisoria 2025 pari allo 0,8% salvo successivo conguaglio al 1.1.2026, la novità per l’anno in corso è il ritorno alla rivalutazione ex L. 388/2000 per tutti i trattamenti, senza le minori coperture registrate negli ultimi due anni. Avremo pertanto: una rivalutazione piena per trattamenti fino a 4 volte il trattamento minimo pari a € 614,77 (e dunque + 0,8%), il 90% di rivalutazione per trattamenti da cinque a sei volte il trattamento minimo (0,72%), e infine il 75 % di copertura per quelli superiori (0,6%).
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TFS/TFR: per il secondo anno consecutivo, la legge di bilancio non reca alcuna norma attuativa della sentenza n. 130/2023 della Corte Costituzionale, e pertanto la “vergogna” continuerà anche nel 2025.
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Queste, in estrema sintesi, le disposizioni in legge di bilancio che riguardano il sistema pensionistico 2025, che, ben lungi dalle intenzioni tante volte declamate negli ultimi anni, rinviano ancora una volta a data da destinarsi la cancellazione della legge Fornero. A nostro giudizio, nel complesso, una manovra di sostanziale “galleggiamento” in materia di pensioni, che conferma però una brusca inversione rispetto alle intenzioni del passato: non più la cancellazione della “Fornero” tanto sbandierata e neanche una maggiore flessibilità in uscita, con la ragionevole certezza che il 2025 segnerà una ulteriore e maggiore caduta libera per tutte le forme anticipate di pensione, ma addirittura l’introduzione di forti incentivazioni, destinate ai lavoratori con i requisiti per accedere alla pensione, a rimanere al lavoro anche fino a 70 anni,. Davvero paradossale.
Attendiamo ora le proposte di riforma pensionistica che il CNEL, su input del Governo, sta mettendo a punto e che pare dovrebbero vedere la luce a breve, sulle quali chiediamo si apra poi il confronto con le Parti sociali.
Il Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati