Permane il blocco sull’anticipo INPS di TFS/TFR
La vergogna TFS continua. Nella totale disattenzione della politica
Per quanto è dato sapere, allo stato dell’arte, INPS continua a non concedere ai neopensionati pubblici iscritti al c.d. “Fondo Credito” alcun anticipo del TFS maturato, possibilità questa espressamente prevista da una delibera del 2022 del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto, oggi resa evidentemente vana.
Dunque, una nuova mazzata sulla testa degli interessati, e una nuova puntata di una vicenda che ha dell’incredibile e che rappresenta (parole di Marco Carlomagno, Segr. Gen. FLP, in una intervista al Messaggero del 2022) davvero una “autentica vergogna”. Ma riassumiamone i punti essenziali.
Tra il TFS (Trattamento di Fine Servizio) e il TFR (trattamento di fine rapporto) che opera nel settore privato, esistono regole profondamente diverse, che penalizzano il lavoratore pubblico anche durante il corso della vita lavorativa. Esempio: a differenza del privato (art. 2120 CC e L. 53/2000), al lavoratore pubblico è negata la possibilità di richiedere fino al 70% del TFS per spese sanitarie, acquisto prima casa e spese in congedo.
Ma la penalizzazione del lavoratore pubblico rispetto a quello privato raggiunge vette sublimi al momento del collocamento in pensione: il neopensionato privato percepisce tutto e subito il suo TFR, mentre quello pubblico lo percepisce in tempi decisamente allungati (fino a 5 anni!), e per di più a rate annuali (da 2 a 3).
Di fronte a questo stato di cose, e dopo averlo già fatto nel 2019 (sentenza n. 159), si è nuovamente pronunciata la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 130 del giugno 2023 (si veda il nostro Notiziario n. 17 del 2023), ha affermato come non sia giustificabile il differimento/rateizzazione del TFS per chi “va in pensione per raggiunti limiti di età o di servizio”, e dunque in primis per i “pensionamenti di vecchiaia”, invitando al contempo il legislatore a rimuovere questa condizione, cosa che il legislatore sinora purtroppo non ha fatto ancora, nonostante le ripetute sollecitazioni venute dal fronte sindacale, e in primis da CSE e FLP. E anche quando c’è stato il tentativo di dare soluzione pur parziale al problema, come il DDL Colucci, sappiamo poi che non è approdato ad alcun risultato per il secco “no” della RGS. Dunque, la vergogna continua, e non c’è ancora una minima luce alla fine del tunnel.
Rispetto a questo stato di cose, che in tutta evidenza penalizza fortemente il neo pensionato pubblico, che si vede corrispondere il proprio TFS in tempi molto allungati e a rate, accogliemmo a suo tempo con favore la decisione del Consiglio di Amministrazione dell’INPS (delibera n. 219 del 2022) di assicurare ai dipendenti pubblici, cessati dal servizio e iscritti al Fondo Credito, l’anticipazione di TFS/TFR applicando un tasso di interesse dell’1% dell’importo, erogato a carattere fisso per tutta la durata del finanziamento, più un ulteriore 0,50% una tantum per spese di amministrazione, successivamente resa operativa dal 1 febbraio 2023 (ne abbiamo riferito nel Notiziario CSE FLP Pensionati n. 3 del 30.01.2023). Che però ha subito un primo stop nell’aprile 2024 per esaurimento dei fondi disponibili (msg INPS n. 1628 del 25.04.2024), uno stop che viene oggi perpetuato anche nel corrente anno e sempre per lo stesso motivo: fondi indisponibili.
E allora, a fronte dell’impossibilità oggi di accedere all’anticipo INPS, al lavoratore pubblico neopensionato restano solo due strade, evidentemente alternative tra loro:
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attendere i tempi biblici di erogazione del TFS/TFR maturato per come previsto dalle norme vigenti (entro 105 giorni, in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso; dopo 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, in caso di raggiungimento del limite di età; dopo 24 mesi dalla cessazione in tutti gli altri casi (dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento/destituzione, ecc.); infine, per chi accede alla pensione con “quota 100” o “quota 102” o “quota 103”, il ritardo è ancora maggiore, in quanto i trattamenti di liquidazione vengono erogati solo al raggiungimento del requisito di vecchiaia (67 anni) o di quello per la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne);
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oppure, ricorrere, all’anticipo del proprio TFS/TFR da parte di Istituti di credito in base allo specifico accordo tra Governo e ABI (Associazione Bancaria Italiana) sottoscritto nel 2020 e recentemente rinnovato con DM 23.09.2024, che consente ai dipendenti pubblici interessati, ora anche con estensione ai “quota 103”, di poter ottenere, dagli istituti di credito che aderiscono all’accordo, l’anticipo del loro TFS, a costi però molto superiori rispetto allo 0.40% base previsto dall’accordo, in virtù dell’aumento dei tassi e del c.d.“rendistato”, che si attesta attualmente intorno al 3%, e questo significa che, per un anticipo di 45mila €, gli interessi da pagare gravano per circa 1.400 € più le spese amministrative. Un autentico salasso.
La nostra O.S. avvierà naturalmente le più utili iniziative, anche di ordine politico, affinchè INPS renda disponibili le risorse necessarie a consentire nell’anno in corso l’anticipo di TFS/TFR ai neopensionati interessati, anche al fine di sottrarli al dilemma di cui sopra (attendere anni per il proprio TFS o ricorrere agli Istituto di credito pagando fior di interessi), ma è di tutta evidenza che il problema è ben più complesso e andrà affrontato in sede legislativa, con l’obiettivo – che è sempre stato il nostro – di pervenire finalmente all’allineamento delle regole tra pubblico e privato in materia di TFS/TFR, e questo non solo al momento del pensionamento ma anche nel corso della vita lavorativa.
Anche per questo, la Confederazione CSE, unitamente ad altre Confederazioni (CGS, CGIL, UIL, COSMED, CIDA e CODIRP), hanno avviato una grande iniziativa unitaria, rivolta a tutti i lavoratori e pensionati pubblici e più in generale a tutti i cittadini, che è articolata su tre diversi versanti:
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una petizione da sottoscrivere su www.change.org che sollecita l’intervento del Legislatore per cancellare la “vergogna” del pagamento differito e rateale del TFS dei pensionati ex dipendenti pubblici, che oggi ha già superato le 50mila firme (invitiamo chi non lo avesse già fatto a firmare subito la nostra petizione!!);
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politiche di sensibilizzazione sul tema, alcune già fatte e altre che vedranno la luce nei prossimi giorni, e di cui daremo tempestiva informazione;
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la presentazione di 7 ricorsi in giudizio in 7 sedi diverse, di cui i primi tre già presentati e gli altri a breve.
Vi terremo puntualmente informati sugli sviluppi della nostra iniziativa.