La FLP rilancia l’iniziativa per rinnovare i contratti e ridare valore al lavoro pubblico
In Italia persiste il problema dei bassi salari, nel pubblico come nel privato
E permane la scarsa attrattività del lavoro pubblico
Sembrava troppo bello per essere vero. Finalmente la politica, anche per motivi contingenti e diremmo “egoistici”, sembrava rendersi conto della centralità della Pubblica Amministrazione e della necessità di riconsiderarne il ruolo e la funzione, dopo decenni di abbandono e smantellamento.
In tale direzione abbiamo assistito in questi mesi ad alcune dichiarazioni di Ministri e Capi Partito che, a fronte delle nostre pressanti richieste di riprendere un circuito virtuoso basato sul valore del lavoro pubblico, annunciavano nuove assunzioni, ricerca di specifiche competenze, piani di formazione, percorsi di digitalizzazione e semplificazione, e finanche ipotesi di processi di valorizzazione del personale.
Come pure emergeva, anche se timidamente, la consapevolezza che per rendere veramente attrattive le Amministrazioni, alle prese con la ricerca di nuove professionalità assenti per effetto del blocco delle assunzioni pluridecennale, era necessario agire sia sul fronte delle retribuzioni, notoriamente tra le più basse d’Europa, che sulle prospettive di carriera e di sviluppo professionale indiscutibilmente negate; intervenire sui modelli organizzativi e valorizzare le nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa come il lavoro agile.
E invece, dal Forum PA dei giorni scorsi, che pure avrebbe potuto e dovuto costituire un momento di riflessione sulle sfide che ci attendono, oltre ad una certa fumosità della comunicazione del Governo, è stata rilanciata dagli organi di stampa un’anticipazione del rapporto Aran, presentato ufficialmente oggi, che semestralmente fa il punto sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, nel quale viene evidenziato che gli stipendi dei lavoratori pubblici non sono bassi, dal momento che “addirittura” sarebbero superiori a quelli di alcuni settori del lavoro privato (dimenticando che l’Italia è il Paese “industrializzato” con i salari più bassi, nel pubblico come nel privato).
Pur consapevoli che il lavoro svolto dall’Aran analizza e confronta dati ufficiali, non possiamo non far rilevare alcuni aspetti e valutazioni che per noi sono fondamentali per comprendere il fenomeno e che sono in contrasto con la narrazione di questi giorni.
In particolare a nostro avviso i dati:
- si basano su una media delle diverse Amministrazioni che hanno livelli salariali (indennità e salari di produttività) molto diversificati tra loro e non tengono conto della collocazione effettiva del personale nelle diverse Aree professionali degli operatori, degli assistenti e dei funzionari: Per non parlare dell’Area delle elevate professionalità appena istituita su nostra forte richiesta, ma ancora vuota in tutte le Amministrazioni.
- Sono aggregati delle diverse voci stipendiali che non evidenziano la variabile legata all’età media del personale che si attesta tra i 55 e i 60 anni e che pur nella ristrettezza delle risorse stanziate negli anni, ha maturato comunque una retribuzione diversa dai neo assunti.
- E soprattutto sono calcolati su base lorda, e quindi non tengono conto del prelievo fiscale che sui lavoratori dipendenti assume un peso rilevante.
- In buona sostanza la retribuzione netta mensile d’ ingresso, comprensiva di stipendio e indennità fisse nelle Amministrazioni del comparto delle Funzioni centrali (Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti Previdenziali), come confermato dalle tabelle allegate al CCNL FC 2019/2021 e dai dati della Ragioneria Generale dello Stato sul costo del lavoro pubblico, nella maggioranza delle Amministrazioni, in particolare i Ministeri, a malapena supera i 1.500 euro per i funzionari e i 1.350 euro per gli assistenti, la cui assunzione è pure prevista in numerose Amministrazioni in numero rilevante con le procedure bandite per il PNRR. Analoga, se non peggiore, la situazione nelle Funzioni locali dove i Comuni sono alle prese con le assunzioni PNRR. Retribuzione che rischia di restare congelata per anni, considerato il ritardo con cui si rinnovano i Contratti nazionali di lavoro, l’esiguità dei Fondi destinati alla produttività e al merito, la farraginosità e l’inesigibilità delle procedure di sviluppo economico, dilazionate nel tempo e soggette alla disponibilità delle risorse nelle singole Amministrazioni.
Stupisce inoltre il fatto che tali livelli salariali (seppur gonfiati) vengano comunicati come un esempio sostanzialmente positivo, quasi un segnale di attenzione verso un settore così importante, nonostante l’indubbia discrasia con l’aumento del costo della vita, e del confronto (non fatto), che sarebbe impietoso, con le altre realtà europee e internazionali omologabili alla nostra realtà.
Permane la sensazione che tale iniziativa risponda più che altro all’esigenza, tutta datoriale e governativa, di mettere le mani avanti rispetto ai prossimi rinnovi contrattuali, ormai non più rinviabili, dal momento che nel 2024 scadrà il triennio 2022/2024 di vigenza contrattuale (l’attuale CCNL è scaduto il 31 dicembre 2021) e nella prossima legge di bilancio andranno individuate le risorse necessarie ancora non stanziate.
Uno scenario confermato anche dallo slittamento dell’erogazione mensile della miseria dell’1,5% dell’una tantum, prevista per il 2023 dalla legge di bilancio come “anticipo” unilaterale contrattuale per far fonte all’inflazione a due cifre (sic), e non ancora corrisposta a maggio 2023.
Temiamo che si cerchi di creare intorno al lavoro pubblico un clima nuovamente ostile, che non arriva alle crociate di brunettiana memoria dei fannulloni da licenziare, ma che preconizza un possibile nuovo conflitto tra pubblico e privato, tra lavoro stabile e precario, tra garantiti e inoccupati.
Ci auguriamo di sbagliare, ma è di tutta evidenza che il tempo perso va recuperato.
Per cambiare veramente passo, rendere attrattive le Amministrazioni, raggiungere gli ambizioni obiettivi del PNRR, non serve rimescolare le carte, ma è necessario che vengano rafforzati gli organici, stanziate le risorse necessarie a dare effettività e concretezza al nuovo ordinamento professionale e alla formazione, rinnovati i CCNL scaduti a dicembre 2021
Una partita che non sarà possibile derubricare e rinviare sine die, giocherellando per altri mesi con i negoziati della tornata precedente ancora aperti , ma che andrà affrontata da subito.
E su questo presenteremo nei prossimi giorni le nostre proposte e rivendicazioni e non faremo sconti a nessuno.