In Senato il disegno di legge sul Bilancio 2024
tutte le disposizioni in materia di pensioni, decisamente inasprite rispetto al 2023
A distanza di oltre 15 giorni dal varo in Consiglio dei Ministri (16 ottobre u.s.), e dopo i ripetuti e successivi aggiustamenti con connesse bozze circolate sul web, ovviamente frutto delle mediazioni tra le forze politiche che sostengono il Governo, è finalmente approdato al Senato (Atto Senato n. 926) il Disegno di Legge (DDL) sul bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2024 e quello per il triennio 2024-2626, che reca l’insieme delle scelte che connotano la manovra di bilancio per l’anno a venire.
Come abbiamo già avuto modo di anticipare, la manovra cuba complessivamente 24 miliardi di euro, i due terzi dei quali saranno finanziati in deficit, e il restante terzo derivante invece da tagli di spesa o da aumento di imposte/tasse, in primo luogo l’annunciata nuova spending review delle Amministrazioni Centrali. Confermate le misure da tempo annunciate, tra le quali spiccano la conferma del taglio del cuneo contributivo per i lavoratori dipendenti già in essere dal 1 luglio 2023, e la riduzione a tre delle aliquote IRPEF, entrambe le misure finanziate però solo fino a tutto il 2024), e un accantonamento di 7,5 miliardi di euro per i rinnovi contrattuali di tutto il personale pubblico, comprensivi dei 2,5 mld destinati alla Sanità e dei 2 previsti dal DL “anticipi” (DL 18.10.2023, n. 145).
Tra i provvedimenti contenuti nel DDL, spiccano quelli che riguardano il sistema pensionistico (vds. Titolo V, Capo 1, del DDL, artt. dal n. 26 al n. 33), che, ben lungi al momento dal cancellare la riforma Fornero del 2011 come più volte annunciato, fa registrare invece un deciso inasprimento dei criteri per l’uscita anticipata, confermando per il secondo anno consecutivo la tendenza emersa nella precedente manovra di bilancio di voler comunque “fare cassa” con le pensioni, e che “cassa”! Proviamo allora a fare una sintesi delle scelte operate dal Governo Meloni nel DDL Bilancio 2024.
“QUOTA 103”
Abbandonata l’idea di varare “quota 104” di cui si era parlato in queste settimane, il DDL Bilancio 2024 reca la conferma di “quota 103” che consentirà di continuare ad andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica (62 + 41= 103), ma con nuovi e peggiorativi vincoli: ricalcolo interamente contributivo, come per opzione donna, che ridurrà l’assegno pensionistico a regime; importo massimo erogabile fino al raggiungimento del requisito di vecchiaia (67 anni) in misura pari a 4 volte il trattamento minimo INPS (circa 2.200 euro) invece di cinque volte come avviene oggi, e dunque fino al raggiungimento dei 67 anni si riceverà una pensione inferiore; infine, la c.d. “finestra mobile”, che segna il tempo tra il momento di maturazione del diritto a pensione e quello della sua decorrenza che è oggi pari a 3/6 mesi, viene alzata a 7 mesi per i lavoratori privati e a 9 mesi per quelli pubblici.
Deve essere precisato, a tal proposito, che le novità peggiorative in materia di quota 103 riguardano però solo coloro che maturano i requisiti dal 1 gen. 2024, in quanto per coloro i cui requisiti maturano sino al 31.12.2023 si continueranno ovviamente ad applicare le regole di quota 103 varate nel 2023. Confermato inoltre anche per il 2024 l’incentivo al posticipo del pensionamento, e dunque la possibilità di scelta per il lavoratore di restare al lavoro optando per l’inserimento in busta paga della quota di contribuzione a suo carico (di regola il 9,19%), che ridurrà poi l’assegno pensionistico.
“OPZIONE DONNA”
Abbandonata l’idea di azzerarla facendola confluire all’interno di “Ape Social” (c.d. “Ape rosa”), “opzione donna” viene confermata per il 2024, ma con le condizioni più penalizzanti introdotte nel 2023 (esuberi con aziende con tavoli di crisi; caregiver familiari; inabili al 74%), sempre in presenza di un minimo di 35 anni di contributi, ma con un aggravio del requisito d’età (servono 61 anni al posto di 60 attuali), con un anno in meno per le dipendenti o licenziate di aziende in crisi con tavoli aperti (a cui è richiesta un’età di 60 anni), e prevedendo sempre lo sconto di un anno per chi ha un figlio (esce a 60 anni) e fino a due anni per chi ha due i più figli (esce a 59 anni).
Queste le nuove regole di “opzione donna”, di certo più penalizzanti rispetto agli anni precedenti per chi matura i requisiti nel 2024; per chi però li avesse già maturate negli anni precedenti, varranno ancora le vecchie regole: entro il 31.12.2021, 35 anni di contributi e 58 (dipendenti) o 59 (autonome) anni di età; entro il 31.12.2022, 35 anni di contributi e 60 anni di età, con uno sconto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due anni, a condizione però di rientrare in una delle categorie dell’APE sociale: caregiver, disabilità almeno al 74%, disoccupate o occupate in aziende con tavoli di crisi aperti.
“APE SOCIALE”
Anche qui, il DDL bilancio 2024 prevede modifiche significativamente peggiorative rispetto al 2023.
Le regole attuali di “Ape Sociale” prevedono i requisiti di accesso fissati dalla Legge 234/2021, che ne aveva anche allargato la platea: 63 anni di età e 30 anni di contributi per disoccupati, caregiver, lavoratori con handicap di almeno il 74%; sempre 63 anni ma con 36 anni di contributi, invece, per addetti a mansioni gravose o pesanti, che debbono essere state effettuate per 6 anni negli ultimi 7, o per 7 anni negli ultimi 10.
Ebbene, in base al DDL Bilancio, nel 2024 il requisito anagrafico sale a 63 anni e cinque mesi, e per tutte le fattispecie lavorative, senza più le condizioni di miglior favore previste nel 2023 (32 anni per edili e ceramisti e riduzione di 12 mesi per le lavoratrici madri, fino a un max di 24 mesi). Inoltre, la platea dei beneficiari sembra escludere quelle ricomprese nell’allargamento operato dalla legge 234, tra i quali: professori di scuola primaria, pre-primaria e professioni assimilate; tecnici della salute; professioni qualificate nei servizi socio-sanitari; personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, etc.; portantini e professioni assimilate; e diverse altre professionalità). In ultimo, il DDL Bilancio dispone la non cumulabilità con redditi di lavoro dipendente o autonomo (ad eccezione del lavoro occasionale) entro un massimo di 5mila euro annui.
PENSIONE ANTICIPATA CONTRIBUTIVA A 64 ANNI
Come noto, questa fattispecie è riservata ai lavoratori entrati nel mondo del lavoro solo successivamente all’entrata della prima riforma Dini (31.12.1995), richiede almeno 20 anni di contributi effettivi (no accrediti figurativi) e prevede un calcolo totalmente contributivo dell’assegno pensionistico che, attualmente, deve essere pari a 2,8 l’importo dell’assegno sociale.
Ebbene, anche per questa fattispecie il DDL Bilancio 2024 prevede un inasprimento, in quanto l’assegno minimo maturato per accedervi sale sino a 3 volte l’assegno sociale (1.521 € lordi), ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio (1.419 €) e a 2,6 volte con due o più figli (1.318 €), al netto del prossimo adeguamento alla speranza di vita previsto nel 2024.
Inoltre, viene previsto un tetto all’assegno pensionistico che non potrà superare cinque volte il trattamento minimo (2.835 € lordi al mese) sino al raggiungimento dell’età anagrafica di vecchiaia (67 anni). In ultimo, viene pure introdotta una finestra mobile di tre mesi dalla maturazione dei requisiti.
TAGLI PER FUTURI PENSIONATI PUBBLICI
Riguarda gli iscritti alle Casse amministrate dal Tesoro (Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali – CPDEL; Cassa per le pensioni dei medici e infermieri – CPS; Cassa per le pensioni degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate – CPI, e infine Cassa per le pensioni degli ufficiali giudiziari, degli aiutanti ufficiali giudiziari e dei coadiutori – CPUG), per un totale di oltre 700mila lavoratori.
Per i lavoratori iscritti a queste casse in possesso di meno di 15 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995 e che andranno in pensione dal 1° gennaio 2024, il DDL Bilancio 2024 prevede una modifica del calcolo sulla quota retributiva della pensione, che ne ridurrà l’importo, in quanto le attuali aliquote di rendimento previdenziale previste dalle leggi n. 965/1965 e n. 16/1986 verranno sostituite con coefficienti meno remunerativi (vds. tabelle allegato II del DDL), con una penalizzazione pesantissima.
Il giornale Il Messaggero ha calcolato che un lavoratore con uno stipendio annuo lordo di 30.000 € che andrà in pensione di vecchiaia nel 2024 con 35 anni di contributi e 67 anni di età subirà un taglio pari a circa 4.400 € nell’assegno pensionistico (6mila euro per chi ha stipendi lordi da 40mila €; oltre i 7.300 euro invece per le retribuzioni sopra i 50mila €). Dunque, un incredibile cambio delle regole in corsa, e per questo si prevede un consistente esodo entro fino anno di lavoratori interessati, in primis in Sanità.
RISCATTI
Le stesse nuove aliquote di cui all’allegato II del DDL si dovranno applicare anche per calcolare l’onere delle domande di riscatto prodotte dal 1.1.2024, riscatto che pertanto diventerà decisamente più caro: quattro anni di università potrebbero costare quasi 66mila € invece di 19mila.
PEREQUAZIONE
Come si ricorderà, la legge di bilancio 2023 ha introdotto una minore copertura rispetto all’indice ISTAT a partire dagli assegni pensionistici da quattro a cinque volte il trattamento minimo, fino ad una penalizzazione max del 32% per le pensioni sopra le dieci volte il trattamento minimo.
Avevamo chiesto di cancellare questa disposizione, ma il DDL Bilancio ha confermato invece questa riduzione per il 2024: indicizzazione piena solo fino a quattro volte il minimo (€ 567,94); fra quattro e cinque volte il minimo, all’85% (nelle bozze del DDL era il 90%); fra cinque e sei volte il minimo, al 53 %; fra sei e otto volte il minimo, al 47%; fra otto e dieci volte il minimo, al 37%; sopra le dieci volte il minimo, la percentuale di perequazione scende invece al 22%, e sta proprio qui la novità.
Val la pena di segnalare, a tal riguardo, che l’anticipo del saldo della perequazione 2023 (0,8%) disposto dal DL c.d. “anticipi” (DL 18.10.2023, n. 145) verrà corrisposto con relativi arretrati con il cedolino di dicembre p.v. e non a novembre, come era stato annunciato in un primo momento.
PENSIONI MINIME
Nel DDL, non sono previsti aumenti per le pensioni minime, neanche per gli over 75.
Questi i contenuti in materia di pensioni del DDL Bilancio 2024 approdato al Senato, rispetto ai quali non possiamo non evidenziare, in generale, la decisa stretta in materia di flessibilità in uscita, che rappresenta l’esatto contrario di quanto CSE ed FLP chiedono da anni ai Governi che si sono succeduti.
Come CSE FLP Pensionati, seguiremo da vicino lo sviluppo dei lavori parlamentari con la speranza che si possa modificare qualcosa, il che appare però di difficile realizzazione in considerazione della scelta operata dalle forze di maggioranza di non presentare emendamenti. Noi comunque ci proveremo.
Il Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati