Dal governo nessun segnale nella direzione del rinnovo dei contratti scaduti da quasi due anni
mentre la nuova impennata dei prezzi rende più grave l’emergenza salariale nel nostro Paese.
I primi giorni di ripresa dopo la pausa estiva aggravano la tendenza degli ultimi mesi che hanno visto il consolidarsi di tassi d’inflazione a due cifre con gravi conseguenze sul potere d’acquisto di lavoratori dipendenti e pensionati. Il prezzo dei carburanti ormai supera i due euro a litro e sappiamo bene come questa voce incida su tutta la filiera dei prezzi di tutti i beni, a partire dai generi alimentari e a quelli di prima necessità. E nessun segnale in controtendenza si avverte sull’aumento generalizzato dei prezzi, ormai consolidatisi dopo l’impennata registratasi nel 2022. A farne le spese sono soprattutto i redditi da lavoro dipendente e da pensione che di fatto sono fermi da più di 10 anni. A fronte di questa vera e propria emergenza salariale nessun segnale concreto viene fornito dal Governo rispetto ai necessari stanziamenti che dovrebbero essere previsti nella legge di bilancio per il 2024, atteso che nel 2023 l’unica voce prevista è stata l’una tantum dell’1,5 % .
E la risposta, lo ribadiamo, non può essere, ove avvenisse, la conferma per il 2024 del taglio del cuneo fiscale per redditi lordi fino a 35 mila euro annui , che è strumento diverso (interviene sulla diminuzione dei contributi previdenziali che aumentano al momento la busta paga di chi ne fruisce, ma che fiscalizzati hanno effetti negativi sul reddito dei non beneficiari), non ha carattere strutturale, e interviene parzialmente solo sulla voce retributiva e non su tutto il complesso delle materie oggetto del CCNL.
A questo quadro già di per sé molto preoccupante, si aggiungono le voci, molto ricorrenti, di possibili, paventati, tagli alla consistenza dei Fondi della produttività delle Amministrazioni, nascoste dietro la voce “tagli ai bilanci delle Amministrazioni” che sarebbero in contrasto con le politiche di sviluppo della contrattazione di secondo livello, affosserebbero ogni iniziativa di valorizzazione del personale e di efficienza dei servizi, impoverirebbero ancora di più le lavoratrici e i lavoratori pubblici.
A chi afferma che la coperta è corta, e non ci sarebbero risorse nel bilancio dello stato per rinnovare i contratti, diciamo che invece le risorse ci sono e vanno recuperate attraverso una seria lotta all’evasione fiscale e contributiva, la reinternalizzazione della miriade di attività appaltate a costi stellari, il contrasto agli sprechi e ai carrozzoni che la politica in questi decenni ha creato per gestire direttamente e senza vincoli, risorse e assunzioni.
Chiediamo sulla questione un’immediata inversione di tendenza e l’apertura del confronto con il Governo sul rinnovo dei Contratti 2022-2024, prima della formalizzazione della legge di bilancio 2024, per scongiurare l’ennesimo, inaccettabile, rinvio sine die.
Gli obiettivi sono chiari e li ribadiamo: incrementi economici correlati al tasso di inflazione reale del triennio, applicazione integrale e aggiornamento dell’ ordinamento professionale, formazione, maggiore sviluppo del lavoro agile e da remoto, conciliazione vita-lavoro e welfare aziendale