Approvata la legge di Bilancio
Confermati gli stanziamenti per il rinnovo dei contratti, mentre permangono le criticità in materia di turn over, sanità, pensioni e contrasto all’evasione fiscale
È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2024 la legge di bilancio per il 2025 e per il triennio dal 2025 al 2027 approvata dal senato nei giorni scorsi.
Per quanto concerne i rinnovi contrattuali, come concordato quando firmammo la preintesa del CCNL Funzioni centrali 2022-2024, viene reso esigibile lo stanziamento aggiuntivo ulteriore dello 0,22% sul monte salari 2021, che porterà l’incremento contrattuale del triennio dal 5,78% inizialmente previsto, al 6% complessivo.
Confermata anche una delle condizioni da noi poste al Ministro Zangrillo per la firma della preintesa, con lo stanziamento delle risorse per i rinnovi dei CCNL 2025-2027 del Pubblico Impiego (1.755 milioni per il 2025; 3.550 per il 2026 e 5.550 per il 2027), che permetteranno l’avvio della trattativa per il rinnovo 2025-2027.
Così come è confermato anche lo stanziamento per il successivo triennio 2028-2030 (1.954 milioni per il 2028; 4.027 per il 2029; 6.112 per il 2030).
Un risultato ottenuto grazie alla nostra azione, che non si era mai visto negli anni precedenti, e che costituisce un indubbio punto di partenza, non certo di arrivo, per superare gli inaccettabili ritardi che hanno segnato per decenni le trattative per il rinnovo dei contratti pubblici, sempre in salita, o addirittura impediti, proprio dalla mancanza di risorse assegnate al tavolo negoziale in Aran.
Permane invece, anche se modificata rispetto alla proposta iniziale con l’esclusione del comparto sicurezza e della sanità, la riduzione del turnover per il 2025 alla percentuale del 75%, norma sulla quale abbiamo espresso netta contrarietà perché in controtendenza rispetto alla ripresa delle politiche assunzionali nel pubblico impiego, vista la situazione di grave carenza degli organici nelle Amministrazioni centrali, in quelle locali e nel comparto dell’istruzione e della ricerca.
In tale ambito, la norma che dispone la possibilità per il personale che raggiunge i 67 anni d’età, di permanere al lavoro fino a 70 anni, su base volontaria, e previa valutazione delle Amministrazioni, per svolgere tutoraggio e l’affiancamento dei neoassunti o per altre esigenze, appare ingiustificatamente restrittiva muovendosi nell’alveo del rispetto del limite del 10% delle facoltà assunzionali. Ove applicata, ridurrà la possibilità di nuove assunzioni, già gravate dalla riduzione del turnover. Una scelta molto discutibile considerato che la permanenza in servizio di tale personale non comporta alcun onere aggiuntivo e anzi in alcuni casi produrrebbe addirittura un risparmio. Attendiamo di conoscere le concrete modalità di applicazione della norma per valutarne la portata complessiva, che non ci vede pregiudizialmente contrari, ma che riteniamo debba essere un’opportunità e non invece la solita manfrina per trattenere in servizio burocrati e boiardi di stato.
Per quanto concerne il precariato, positiva la proroga per i tirocinanti della giustizia e la previsione della stabilizzazione per una parte del personale a tempo determinato assunto per il PNRR, sempre al Ministero della Giustizia, anche se i numeri sono ancora insufficienti, e quindi andrà con urgenza ridefinita la dotazione organica di questo Ministero, anche per garantire prospettive di carriera al personale da anni in servizio.
La politica sui risparmi al funzionamento delle Amministrazioni, che ancora permane, ha senso solo se si interviene sugli sprechi, sulle esternalizzazioni, sulle consulenze, non certo o sugli organici o sul salario di produttività. Bisogna quindi superare con decisione l’approccio generalista e ragionieristico, quello dei tagli lineari, intervenendo sugli sprechi e investendo sulle risorse e sul capitale umano.
Perché ove attuati, questi investimenti possono avere immediati benefici per il sistema Paese, rafforzando settori decisivi che facciano emergere il lavoro nero e quello sommerso, per garantire la sicurezza, contrastando la piaga delle morti sul lavoro.
Combattendo l’evasione fiscale, che continua a raggiungere livelli insopportabili per un Paese che si dice civile, e che invece viene coccolata con la miriade dei condoni che ormai non vengono presi sul serio neanche dagli stessi evasori.
Garantendo servizi di qualità nella sanità e nell’istruzione e procedure semplificate a cittadini e imprese.
Altri punti critici su cui è necessario che il Governo cambi rotta sono il permanere delle differenziazioni in materia di detassazione dei premi di produttività tra il lavoro pubblico e privato, come anche le resistenze che incontriamo per il decollo del welfare aziendale nel pubblico impiego, che non solo non viene incentivato, ma penalizzato.
Sempre in materia di discriminazione pubblico-privato per il secondo anno consecutivo, la legge di bilancio non reca alcuna norma attuativa della sentenza n. 130/2023 della Corte costituzionale in materia di erogazione del TFS/TFR e pertanto la “vergogna” del trattamento differito continuerà anche nel 2025.
Dal punto di vista degli interventi fiscali diventa stabile la riforma dell’IRPEF, la riduzione delle aliquote IRPEF da quattro a tre, strutturale il taglio del cuneo contributivo per i lavoratori dipendenti, varato dal Governo Draghi e poi prorogato nel 2023 e 2024, che ora diventa taglio fiscale e viene esteso fino a 40mila euro.
Misure positive che però scontano l’approccio a dir poco evanescente del governo nel contrasto all’evasione, e quindi insufficienti per reperire maggiori entrate necessarie per adottare politiche fiscali più coraggiose, che, nel solco della progressività, premino i contribuenti onesti, a partire dal lavoro dipendente e dai pensionati.
Nel campo della sanità gli incrementi 2025 in materia di fondo sanitario nazionale, in verità molto ridotti rispetto alle aspettative e ai bisogni del Paese, sicuramente non incideranno in modo significativo rispetto alle criticità del SSN, che necessita invece di un deciso cambiamento di rotta rispetto a quanto avvenuto in questi anni in materia di destrutturazione della sanità pubblica. Anche in questo settore è necessario valorizzare il personale, dal punto di vista economico e professionale, formandone di nuovo, avviando percorsi di stabilizzazione e formazione.
In definitiva possiamo dire che la manovra finanziaria approvata, in questa sede analizzata per la parte relativa al lavoro pubblico (per l’esame delle altre parti vi rinviamo al notiziario redatto sulla materia della CSE FLP pensionati), presenta luci e ombre, scontando sicuramente un quadro economico difficile, gravato da un forte debito pubblico e dai vincoli europei.
Ma, per invertire veramente la rotta (e questa legge di bilancio non lo fa), è necessario intervenire alla radice dei problemi che anche questa volta hanno impedito scelte più coraggiose, avviando azioni che recuperino con decisione le risorse storicamente, purtroppo, sottratte alla collettività, indirizzandole verso quei settori che più subiscono gli effetti della diseguaglianza sociale: Il lavoro dipendente, i pensionati, i precari, i giovani che cercano lavoro, gli espulsi dal mondo del lavoro, le donne, che ancora vivono ingiustificate discriminazioni.
Cambiando significativamente l’approccio sui servizi pubblici e sul funzionamento delle PA.
Operando una scelta di campo che non è solo necessaria dal punto di vista morale ed etico, ma che è indispensabile per ridare vigore ai consumi, alla produzione, alla creazione di nuova ricchezza.