Al via alla camera l’esame sul DDL manovra 2025
Pensioni: conferma regole flessibilità 2024, “Bonus Maroni” esteso, trattenimenti in servizio per i pubblici, ripristino rivalutazione piena.
E’ approdato alla Camera, il DDL adottato dal C.d.M. che reca il bilancio di previsione per il 2025 e il bilancio pluriennale 2025-2027 (Atto Camera n. 2112, assegnato alla Commissione Bilancio).
Il DDL si compone di 144 articoli, è stato messo a punto sulla base del quadro di finanza pubblica fissato dal PSB (Piano strutturale di Bilancio, già inviato alla Commissione Europea) ed è in linea con il nuovo patto di stabilità europeo. L’entità della manovra è complessivamente pari a circa 30 mld €, parte dei quali arriverà da maggiori entrate, parte da un “prestito” di Banche e Assicurazioni e, per altri 3 mld, da una nuova spending review che prevede tagli lineari del 5% ai bilanci delle PP.AA.
Tra le misure più importanti, vanno citati il taglio finalmente strutturale per i lavoratori dipendenti del cuneo contributivo, già varato dal Governo Draghi, poi prorogato nel 2023/24 e ora esteso fino a 40mila € lordi, e la riduzione anch’essa strutturale delle aliquote IRPEF da quattro a tre, misure entrambe che non porteranno neanche un € in più nelle buste paga 2025 dei lavoratori ma neanche ne diminuiranno gli importi, come sarebbe avvenuto in caso di mancato intervento. I due provvedimenti cubano insieme circa 15,5 mld €, e rappresentano una scelta certamente positiva.
Di altrettanto rilievo, appare sicuramente lo stanziamento di risorse per i rinnovi dei CCNL 2025-2027 del P.I. (1.755 mld per il 2025; 3.550 per il 2026 e 5.550 per il 2027), che creano le condizioni per un sollecito avvio della trattativa in sede ARAN per il rinnovo 2025/2027, una volta definito e chiuso quello 2022-2024; previsti inoltre stanziamenti per il successivo triennio 2028-2030.
Sempre in materia di rinnovo CCNL 2022-2024, il DDL dispone uno stanziamento ulteriore dello 0,22 % sul monte salari, che porterà l’incremento contrattuale del triennio 2022-24 al 6%. Note stonate per il settore pubblico, invece, la riduzione del turnover 2025 al 75%, su cui si è già espresso negativamente il Segr. Gen. FLP Marco Carlomagno, e il taglio di n. 5.660 posti di personale docente e n. 2.174 posti di personale ATA nel settore scuola. Nota decisamente dolente, inoltre, i ridotti stanziamenti in materia di fondo sanitario nazionale (dai 4,7 mld € richiesti dal Ministro Schillaci ai 2,3 mld € del DDL), che impedirà nel 2025, tra le altre cose, l’assunzione di 30mila dipendenti.
In materia di lavoro, confermata la detassazione dei premi di produttività (5%) fino a 3mila € (ma solo per i lavoratori privati) e l’inserimento tra i fringe benefits, per i neo assunti con redditi fino a 35mila €, delle somme utilizzate per affitto e utenze, che abbiano però trasferito la residenza oltre un raggio di 100 km tra il precedente luogo di residenza e la nuova sede di lavoro, con applicazione del beneficio per i primi due anni di assunzione e fino a max 5mila €; infine, in materia di sociale, il
rifinanziamento della “carta dedicata a te” e il varo ex novo della “carta per i nuovi nati”.
Se questi sono i provvedimenti di più spiccato interesse generale del DDL Bilancio 2025, una parte di rilievo, come sempre, la recitano le scelte in materia previdenziale, su cui ci soffermiamo un po’ più da vicino. Queste le misure più importanti recate dal DDL sulle pensioni:
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Conferma di “Quota 103”, “APE sociale” e “Opzione donna”, con i requisiti più penalizzanti già introdotti con la legge di bilancio 2024 (si veda, a tal proposito, il nostro Notiziario n. 1 del 5 gennaio 2024 , che hanno reso di certo meno conveniente l’accesso a queste opzioni. Con un di più per il 2025, in quanto vengono potenzianti i meccanismi di incentivazione a rimanere a lavoro:
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innanzitutto, la conferma del c.d. “bonus Maroni” (possibilità di scelta per chi ha maturato “quota 103” di restare al lavoro optando per la destinazione in busta paga della quota di contribuzione a suo carico – 9,19% -, pur se con successiva pensione a regime ridotta), che nel 2025 verrà anche defiscalizzato ed esteso a chi ha raggiunto i requisiti per la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi di contributi, 41 e 10 mesi per le donne);
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in secondo luogo, la fine dell’obbligo di pensionamento per i dipendenti pubblici che hanno raggiunto i 67 anni d’età o i requisiti per la pensione anticipata ordinaria a 65 anni d’età (limite ordinamentale di servizio), che consentirà così ai lavoratori, su base volontaria, la permanenza al lavoro fino a 70 anni e alle PP.AA. di trattenere dipendenti per svolgere tutoraggio e l’affiancamento dei neoassunti o per altre esigenze. Le AA.PP. dovranno comunque rispettare il limite del 10% delle richieste rispetto alle nuove assunzioni programmate. Una misura, questa del trattenimento in servizio, che riteniamo accettabile perché basata sulla scelta volontaria del lavoratore, che però non deve diventare un alibi per limitare le nuove assunzioni nel pubblico.
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Blocco di stipendi e pensioni per dipendenti/ex dipendenti pubblici con importi superiori a 2.500 € lordi mensili che hanno debiti tributari con Agenzia Entrate o altri EE.PP. superiori ai 5mila €.
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Giovani: conferma anche per il 2025 della penalizzazione introdotta con legge di bilancio 2024 (aumento da 2,8 a 3 volte l’assegno sociale per poter uscire dal lavoro a 64 anni e 20 di contributi, dunque serve una pensione di 1600 € lordi mensili), però ancora senza poter cumulare quote versate ai fondi complementari come pure si era ipotizzato in queste settimane, misura invece varata per le pensioni di vecchiaia (67 anni) con importi inferiori all’assegno sociale (€ 534,41).
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Pensioni minime: l’annunciato aumento sarà pari a pochissimi spiccioli, passando dagli attuali € 614,77 a € 617,89, con una rivalutazione 2025 quindi pari solo al 2,2% (nel 2024, era stata pari al 2,7%) e dell’1,3% nel 2026. Noi confidiamo che il Parlamento modifichi in aumento questi importi.
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Rivalutazione 2025: la novità, dovuto alla bassa inflazione media 2024 (1,5% circa), è il ritorno alla rivalutazione ex L. 388/2000 per tutti i trattamenti, senza le minori coperture avute negli ultimi due anni, e dunque avremo: rivalutazione piena per trattamenti fino a 4 volte il trattamento minimo (€ 614,77 lordi mensili), il 90% per trattamenti da cinque a sei volte il trattamento minimo, e il 75 % di copertura per quelli superiori (daremo comunque il dettaglio dopo il decreto del MEF).
Nel complesso, una manovra di sostanziale “galleggiamento” in materia di pensioni, che segna però una brusca inversione rispetto alle intenzioni del passato: non più la cancellazione della “Fornero” o “quota 41”, tanto invocate e sbandierate, ma di contro forti incentivazioni, ai lavoratori con i requisiti per la pensione, a rimanere al lavoro anche fino a 70 anni, con la ragionevole certezza che il 2025 segnerà una ulteriore e maggiore caduta libera per tutte le forme anticipate di pensione.
Seguiremo i lavori parlamentari (audizioni dal 4 all’11, limite per gli emendamenti il 10 pp.vv.), e daremo tempestivamente conto a chi ci segue degli approdi conclusivi del confronto parlamentare.